Strage al cimitero, ergastolo a Galizia

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Costabile e la figlia Ida Maria assassinate a colpi di pistola il 30 ottobre del 2016
Franco Attanasio congiunto delle donne alcuni mesi prima aveva ammazzato il germano dell’imputato

di Arcangelo Badolati

I corpi di due donne straziati dalle pallottole. Tutt’intorno il vociare concitato degli investigatori che appaiono assediati dai giornalisti. Telecamere, microfoni e macchine fotografiche spingono sul cordone di sicurezza: le redazioni di tutta Italia sono in fibrillazione. Non si tratta della solita esecuzione mafiosa compiuta in un paesino della profonda Calabria. Edda Costabile, 77 anni e la figlia Ida Maria Attanasio, 52, che giacciono senza vita nel cimitero di San Lorenzo del Vallo, non provengono da contesti criminali e non hanno mai fatto male a una mosca. Eppure un killer le ha massacrate senza pietà, utilizzando una pistola calibro 9. Il sicario ha infierito su due donne indifese all’interno di un camposanto come raramente è avvenuto nella pur insanguinata fascia di terra compresa tra il Pollino e l’Aspromonte. Non è una storia di ordinaria follia, ma si tratta d’una vendetta. Una crudele vendetta. Le vittime sono rispettivamente la madre e la sorella di un omicida, Franco Attanasio. un agente immobiliare che a Rende, il 26 aprile del 2016, ha assassinato Damiano Galizia, 31 anni, di cui era debitore per alcune decine di migliaia di euro. Il trentunenne reclamava la restituzione del prestito e Attanasio, al culmine dell’ennesima lite, l’ha ammazzato. Quattro giorni dopo, l’uomo s’è consegnato alla polizia facendo pure ritrovare un arsenale nascosto in un garage rendese. Edda e Ida, trucidate il successivo 30 ottobre, nulla sapevano degli affari del proprio congiunto considerato che vivevano una normalissima esistenza scevra da qualsiasi contaminazione delinquenziale.

Per la procura di Castrovillari, diretta da Eugenio Facciolla, la duplice esecuzione delle donne non può dunque che essere collegata al delitto compiuto dal più giovane della famiglia. La pista seguita dagli inquirenti sarà subito chiara a tutti già poche ore dopo il ritrovamento dei cadaveri. L’intuizione investigativa, nelle settimane successive, porterà all’arresto e al successivo rinvio a giudizio di Luigi Galizia, 38 anni, di San Lorenzo del Vallo, fratello del defunto Damiano. Il trentottenne comparirà nelle veste di imputato davanti alla Corte di assise di Cosenza, presieduta da Giovanni Garofalo. Difeso dagli avvocati Cesare Badolato e Francesco Boccia si protesterà innocente fino al giorno della sentenza di primo grado, emessa il 16 maggio dello scorso anno. I giudici togati e popolari non gli daranno scampo infliggendogli l’ergastolo. I familiari delle vittime si costituiranno parte civile in giudizio, assistiti dagli avvocati Antonio Ingrosso e Vincenzo Formica.

Ieri la massima pena prevista dal nostro ordinamento è stata confermata nei confronti di Galizia dalla Corte di assise di appello di Catanzaro (presidente Marco Petrini). L’imputato ha reso dichiarazioni spontanee tentando ancora una volta di allontanare da sé ogni responsabilità. Ma non è stato creduto. Vane pure le appassionate arringhe pronunciate dai suoi difensori. Il patrono di parte civile Ingrosso ha chiesto la conferma della sentenza così come il rappresentante della procura generale Valentina Draetta. I magistrati di seconda istanza hanno ritenuto evidentemente credibile il movente della vendetta trasversale, il richiamo al barbarico “sangue lava sangue” che ha sempre ispirato nella nostra regione la “legge” della giustizia privata. Una “legge” che nell’ultimo secolo ha provocato un migliaio di vittime, tra uomini, donne e bambini.