Il dna dell’assassino sotto le unghie della vittima

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di Arcangelo Badolati

La pelle dell’assassino. Lisa Gabriele, 22 anni, aggredita e soffocata nel gennaio del 2005, tentò disperatamente di difendersi prima di perdere conoscenza. Il dato si evince con chiarezza dall’autopsia eseguita quattordici anni fa dopo il ritrovamento del cadavere. Sulle mani la ventiduenne aveva ferite da difesa e, dunque, può ipotizzarsi che sotto le unghie siano rimaste particelle organiche riconducibili al feroce aggressore. Lisa potrebbe averlo graffiato nel tentativo di sfuggire alla morsa mortale. È per questo che il procuratore di Cosenza, Mario Spagnuolo e il pm Antonio Tridico hanno disposto la riesumazione della salma nominando due medici legali ed un esperto di fama nazionale specializzato nella individuazione di tracce di codice genetico. Se l’omicida è stato in qualche modo ferito dalla vittima e se il tempo non ha cancellato inesorabilmente ogni cosa, già lunedì sera gli inquirenti potrebbero disporre di un profilo utile di Dna da comparare con il “sospettato”. L’uomo su cui s’indaga è un poliziotto di Cosenza che pare fosse legato alla ragazza da un rapporto sentimentale. La circostanza sarebbe stata confermata dalle testimonianze acquisite dai carabinieri che si stanno occupando delle indagini dopo la riapertura del caso. Nel 2005, per celare il delitto, l’autore inscenò un finto suicidio facendo ritrovare il corpo della ventiduenne in un boschetto posto alla periferia di Montalto Uffugo. Lì fu abbandonata pure la Fiat 500 della vittima con all’interno una lettera di addio, goffamente composta imitando la scrittura di Lisa, una scatola semivuota di psicofarmaci e una bottiglia di whisky. Il pm Tridico comprese subito che si trattava di una messinscena e aprì un fascicolo per omicidio. Le investigazioni, tuttavia, non portarono ad alcun esito e la vicenda venne archiviata. Oggi tutto è più chiaro: ciò grazie a una lettera spedita in Procura e al nostro giornale da qualcuno che sapeva cosa realmente fosse accaduto. Grazie, appunto, al contributo del testimone rimasto anonimo s’è capito che nel 2005 venne attuata una diabolica opera di depistaggio per tenere le forze dell’ordine lontane dalla verità. I nuovi accertamenti investigativi avrebbero infatti rivelato il coinvolgimento di più persone – un dottore, un altro uomo in divisa oltre il sospettato e un professionista – nell’azione di mascheramento della realtà. La morte di Lisa Gabriele, in sostanza, avrebbe potuto provocare imbarazzo e problemi a più persone. La combriccola di depistatori sarebbe stata adesso finalmente smascherata. Così, almeno, sembrerebbe.