La Sibaritide si trova ancora a fare i conti col fenomeno del Caporalato di Luigi Cristaldi

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Luigi Cristaldi – Cassano

25 marzo 2019 – Sfruttano i lavoratori sottopagandoli arrivando anche a lucrare sui loro affitti. Nonostante la fine della stagione agrumicola non cala l’attenzione della Procura di Castrovillari e della Compagnia dei Carabinieri di Corigliano Calabro sul caporalato e i reati ad esso collegati. Nei giorni scorsi gli uomini del Capitano Cesare Calascibetta hanno individuato altri quattro persone che “accompagnavano” i lavoratori da casa loro fino ai campi dove venivano, in realtà, sfruttati e sottopagati. È questo il risultato di una serie di verifiche disposte dal Procuratore capo Eugenio Facciolla tra gli ultimi mesi del 2018 e i primi mesi del 2019 nell’ambito di un servizio mirato a combattere il caporalato e lo sfruttamento del lavoro. Da settembre a febbraio, infatti, sono stati controllati oltre settanta extracomunitari dediti al lavoro nei “giardini”, i campi coltivati, sia nella Piana di Sibari sia in quella di Metaponto, posta al confine tra Calabria e Basilicata. Dai riscontri fatti dai militari della compagnia ausonica, in collaborazione con l’Ispettorato nazionale del lavoro, afferente al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, e al Nil, il Nucleo ispettorato del lavoro dei carabinieri, è emerso come queste persone venivano sfruttate e sottopagate lavorando anche in condizioni di sicurezza precaria. Soggetti spesso “invisibili” perché arrivati con le ondate migratorie che si sono registrate, in particolare, negli anni scorsi visto che negli ultimi tempi s’è assistito ad un vistoso calo degli sbarchi. In alcuni casi, i carabinieri delle stazioni di Roseto Capo Spulico e Rocca imperiale, hanno potuto notare come i caporali utilizzassero come centro di rifornimento di lavoro nero anche il Cas, centro accoglienza straordinaria, di Amendolara i cui dirigenti erano inconsapevoli di quanto avvenisse fuori dalle mura.

Nel corso dei controlli, infatti, è emerso che gli sfruttatori, spesso soggetti provenienti da Paesi dell’Est Europa o dal Pakistan, si recavano in delle zone di poco distanti dal Cas, raggiungibili dai migranti facilmente a piedi, li caricassero nei furgoncini portandoli a lavorare nei campi del Metapontino o della Sibaritide. Manodopera a bassissimo costo per foraggiare anche le ‘ndrine locali o il mercato dell’illegalità diffusa sovvenzionato spesso da quella parte di imprenditori che, pur di non diversificare la produzione e sperimentare nuove tecniche di coltura, preferiscono sottostare alle leggi del mercato riversando sui lavoratori il rischio imprenditoriale. Una situazione molto complessa che nei mesi scorsi ha portato anche ad una guerra dei caporali per il controllo della manodopera. Nella Sibaritide, infatti, si sono registrati una ventina di furgoncini incendiati tra dicembre e febbraio. Minivan o piccoli camioncini utilizzati per portare gli extracomunitari dalle case ai campi in tutta sicurezza senza dare troppo nell’occhio. Dei quattro soggetti identificati, tre sono stati deferiti in libertà per i reati di caporalato. Ma l’inchiesta della Procura di Castrovillari va avanti e presto potrebbero esserci nuovi sviluppi non solo sul “caso camioncini”. Dalle verifiche, infatti, risulterebbero intestate ai caporali diverse case usate per ammassare migranti facendo pagare loro anche l’affitto. Capanni di fortuna dove i magrebini e centrafricani vivevano in condizioni disumane.

 

26 marzo 2019 – I caporali imponevano uno stipendio, se così si può definire, che non superava mai i tre euro all’ora. E le giornate lavorative, massacranti, duravano dall’alba fino al tramonto raggiungendo dalle dieci alle dodici ore di fatica svolte sempre in condizioni igienico- sanitarie e di sicurezza a dir poco precarie. L’operazione della Guardia di Finanza di Montegiordano – coordinata dal capo dei pm della Procura di Castrovillari Eugenio Facciolla – contro il caporalato e l’immigrazione clandestina, scattata ieri, ha portato alla denuncia di diciotto soggetti per il reato di caporalato identificando cinquantasei lavoratori reclutati in violazione dei contratti nazionali e provinciali del comparto agricoltura ed impiegati nelle imprese agricole percependo paghe nettamente inferiori a quanto stabilito dalle norme contrattuali.

L’inchiesta condotta dai finanzieri racconta anche della poca umanità mostrata nei confronti di stranieri ed extracomunitari che viaggiavano stipati nei portabagagli dei furgoni per lavorare a nero. I braccianti agricoli, tutti di nazionalità pakistana, nigeriana, bulgara e rumena, provenivano dalle campagne lucane dove avevano prestato la propria manodopera in una serie di aziende agricole locali. Diversi i prezzi percepiti per orario di lavoro: pakistani e africani, reclutati spesso attraverso i Cas inconsapevoli, venivano pagati quasi due euro all’ora, mentre quelli dell’Est Europa arrivavano a “guadagnare” massimo tre euro ad ora. Una moderna tratta degli schiavi alimentata dall’omertà e dal bisogno di denaro delle famiglie dei braccianti.

Per interrogare i pakistani, ad esempio, che comunicano solo in Urdu, la loro lingua ufficiale molto difficile da comprendere, è stato necessario portare tutti i fermati in caserma e interrogarli con l’interprete. La maggior parte di loro non ha reso dichiarazioni agli inquirenti ma la collaborazione di alcuni di loro è stata fondamentale per arrivare all’identificazione e alla denuncia delle undici persone. Sulla base delle dichiarazioni fornite e della documentazione rinvenuta a bordo dei mezzi, poi, è emerso che gli stessi erano stati reclutati in violazione dei contratti di lavoro nazionali e provinciali del comparto agricoltura.

Dopo aver accertato l’identità di tutti i braccianti fermati, dalle banche dati delle forze dell’ordine è risultato che sette di loro erano in possesso di un permesso di soggiorno scaduto e no avevano presentato nessuna richiesta di rinnovo. Dopo lo svolgimento dei controlli di rito, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Castrovillari undici caporali, tra cui i tre titolari delle aziende lucane, in concorso tra loro, per violazione all’articolo 603 bis codice penale e dovranno rispondere di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro per il quale rischiano la reclusione da uno a sei anni e la multa da cinquecento a mille euro per ciascun lavoratore reclutato. Sette, invece, i braccianti irregolari segnalati alla Procura della Repubblica per violazioni al testo unico sull’immigrazione.