La Sanità nel mirino dell’Antimafia

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Arcangelo Badolati – Cosenza

L’inferno della sanità. Il segretario della Commissione parlamentare antimafia, Wanda Ferro, ha chiesto che venga convocata una seduta a Palazzo San Macuto per parlare della ingerenza delle cosche nostrane nel comparto sanitario. La Calabria vanta, infatti, un triste primato: è la regione con il maggior numero di Asl-Asp sciolte per infiltrazioni mafiose. L’ultima ad essere commissariata è stata, nei giorni scorsi, l’Azienda di Reggio. I boss della ‘ndrangheta intuirono 30 anni fa quanto importante e redditizio fosse, sia dal punto di vista economico che del consenso sociale, condizionare le attività delle strutture sanitarie pubbliche e private. La strategia d’infiltrazione criminale venne contestualmente sperimentata, negli anni 80, sia nella Piana di Gioia Tauro che nella Locride. Sulle sgangherate Usl (Unità sanitarie locali), create per garantire ai partiti mangiatoie di sottogoverno, i padrini e le cosche cominciarono così ad esercitare un potere quasi assoluto. Un potere imposto a suon di pistolettate, bombe e minacce d’ogni genere. Un potere che costrinse i componenti dei Comitati di gestione a favorire aziende di riferimento dei mafiosi, ad accreditare laboratori di “amici degli amici”, a cedere appalti e forniture di mense e pulizie negli ospedali a ditte di compiacenti “compari”. In taluni casi, come a Gioia Tauro, la sede centrale dell’ Usl venne addirittura collocata in un immobile di diretta proprietà d’una famiglia di ‘ndrangheta . Non solo: i boss locali aprirono persino studi diagnostici e radiologici convenzionati con la Usl. Studi dotati di macchinari modernissimi – acquistati con i soldi provento di estorsioni e traffico di stupefacenti – pronti ad accogliere le migliaia di utenti che, stranamente (sic!), trovavano invece sempre rotti o malfunzionanti ecografi, TAC e macchine radiologiche nei nosocomi e negli ambulatori pubblici. Tanti furono pure i “picciotti” assunti dalle Usl per ordine dei capibastone perché potessero godere di un “posto sicuro”.

Le prime a essere sciolte, nel 1987, furono le Usl di Taurianova e Locri su proposta del ministro dell’interno dell’epoca, Oscar Luigi Scalfaro. Riguardo a Taurianova vennero stigmatizzate condotte gestionali ispirate «a criteri arbitrari e clientelari in materia di fornitura, acquisti, assunzioni e carriere del personale». Il decreto di scioglimento venne successivamente annullato dal Tar, ma l’ Usl venne nuovamente sciolta il 5 maggio del 1989. Quanto alla struttura di Locri, invece, il titolare del Viminale rilevò un condizionamento mafioso tanto grave da determinare «inevitabili danni all’intera gestione dell’ente». L’onta dello scioglimento investirà la città di Zaleuco un’altra volta dopo il 1987, quando la commissione di accesso presieduta dal prefetto Paola Basilone accerterà, venti anni più tardi, altrettanto gravi situazioni di condizionamento mafioso. L’Asl 9 locrese verrà sciolta nell’aprile del 2006. Le verifiche verranno disposte dopo l’assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale, Francesco Fortugno, avvenuto nel 2005. Pesanti infiltrazioni mafiose saranno individuate successivamente pure nell’Asl di Reggio, sciolta su proposta del ministro dell’interno Giuliano Amato nel 2008 e in quella di Vibo, commissariata dal ministro Roberto Maroni nel 2010. In entrambi i casi appariranno rilevanti i collegamenti che vincolavano la vita amministrativa degli enti «a dinamiche esterne riconducibili alle mire espansionistiche delle cosche». Il Viminale segnalerà la presenza tra i dipendenti delle Aziende sanitarie, di «lavoratori subordinati con precedenti specifici per associazione mafiosa, parenti di boss locali oppure ritenuti collegati alle cosche operanti nel territorio». Nel 2012 nel mirino del ministero dell’Interno finirà pure l’Asp di Cosenza, rispetto alla quale già negli anni 97 e 98 gli ex boss pentiti Franco Pino e Franco Garofalo avevano parlato di assunzioni pilotate di amici e parenti di ‘ndranghetisti e di estorsioni compiute contro ditte aggiudicatarie di appalti e servizi. Il lavoro svolto dalla commissione di accesso rimarrà tuttavia senza effetti. Nel novembre scorso, nell’ambito dell’inchiesta “Quinta bolgia”, infiltrazioni criminali saranno invece segnalate dalla magistratura a Lamezia Terme. Con la conseguenza dell’invio di una commissione d’accesso pure nell’Asp di Catanzaro.

Fonte: Gazzetta del Sud