Massoneria, politica e affari: è il “quarto livello” delle mafie

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«Conobbi Licio Gelli in un incontro a Roma c’era anche Vico Ligato: era interessato a un appalto delle Fs»

Francesco Tiziano – Reggio Calabria

Ecco il “quarto livello”, molto di più di un gradino al di sopra della cupola delle mafie. Nel nome degli affari, ecco l’asse formato da ‘ndrangheta reggina, cosa nostra palermitana, massoneria, l’ala deviata dei servizi di sicurezza, i referenti della politica. A rivelarlo è stato il pentito Pasquale Nucera, capo della “locale” di ‘ndrangheta di Montebello (paesino alle porte di Melito Porto Salvo) oggi 64enne, ieri testimone in Corte d’Assise a Reggio nel processo «’Ndrangheta stragista» che sta ricostruendo la stagione degli attentati ai Carabinieri (consumati a Reggio a cavallo tra il 1993 e il 1994) come fase del progetto stragista per ricattare con bombe fatte esplodere per ammazzare innocenti per ricattare lo Stato rispetto alla legge del “carcere duro”. Pasquale Nucera, nonostante le comprensibili dimenticanze (ha avviato la collaborazione con la Dda di Reggio agli anni degli anni ’90 e i verbali dichiarativi su questi temi che risalgono a ben 24 anni fa) ricostruisce, rispondendo al fuoco di fila di domande poste dal procuratore aggiunto della Dda reggina, Giuseppe Lombardo, i fini e la mission di questa grumo di poteri forti: «Puntavano agli affari e ai soldi: gestivano lavori pubblici, decidevano chi votare, controllavano i grossi traffici illeciti e si spartivano posti di lavoro».

‘Ndrangheta e massoneria a braccetto secondo Pasquale Nucera: «In ogni loggia della massoneria c’era un componente della ‘ndrangheta, un uomo dei clan. E lo stesso succedeva nei Servizi. In questo ambito conobbi Licio Gelli: con lui ricordo un incontro a Roma per decidere l’assegnazione di un appalto delle Ferrovie, la realizzazione del doppio binario Reggio-Saline Joniche. Con Gelli c’erano anche i politici, sì quello che aveva una villa a Bocale e che poi lo hanno ammazzato proprio davanti casa. Ligato? Sì Vico Ligato (l’allora potentissimo presidente delle Ferrovie dello Stato, ndr). Alla riunione parteciparono anche un politico cosentino e gente della Piana di Gioia Tauro. Io accompagnai qualcuno di cui non ricordo più il nome. Sono passati 40 anni procuratore, una vita».

Sbiadite forse, ma ne conosce tante pagine della “vecchia” criminalità organizzata. Anche le giornate più nere della fin troppo martoriata Reggio. Tra i ricordi di Pasquale Nucera anche qualche flash sull’omicidio del giudice Antonino Scopelliti: «Ci fu una riunione a Villa San Giovanni, tra ‘ndranghetisti e pezzi della massoneria che avevano deciso di eliminare il giudice Scopelliti. Mi hanno detto che era sceso anche tale “Santoro”, il nome con cui si faceva chiamare il cognato di Riina, Bagarella, a sistemare la cosa. “Santoro” che conobbi a Santa Margherita Ligure, diceva di avere un problema con il maxi-processo. All’incontro partecipò il commercialista di Riina, tale Mandalari; e gli Iamonte di Melito che erano vicini ai Labate di Gebbione (rione di Reggio sud, ndr) e questi cugini dei Garonfalo di Campo Calabro; e gli Zito di Villa-Fiumara, qualcuno della Piana, i Piromalli e uno della famiglia Rugolo». Nucera ricorda pure che la ‘ndrangheta voleva uccidere anche il giudice Tuccio, «attentato che sventai con le informazioni date alla Dda di Reggio. Con Scopelliti non feci in tempo».

«Mercenari ben pagati per far evadere Riina»

Sinergia collaudata tra ‘ndrangheta e cosa nostra. Che ci fossero progetti, ed affari, comuni non ha dubbi il pentito Pasquale Nucera, che prima di “saltare il fosso” si arruolò nella Legione straniera. Tra una missione in Golfo persico e esperienze nei Balcani, Nucera – racconta in Assise – ha conosciuto mercenari, ma anche i colonnelli di Milosevic e la “Tigre” Arkan: «I mercenari avrebbero dovuto occuparsi dell’evasione di Totò Riina. Ci fu un incontro fra Vittorio Canale, il figlio di Domenico Libri, Domenico Broccoletti del Sismi e un agente libico. L’incontro avvenne in un hotel vicino Montecarlo. Broccoletti e l’agente libico avevano chiesto a Canale di organizzare l’evasione di Riina dal carcere. Gli avevano dato una rata da 100mila dollari che dovevano servire per assoldare 20 mercenari e procurare un elicottero».

Fonte: Gazzetta del Sud 2 marzo 2019