‘Ndrangheta, il pentito: «Due omicidi per evitare di scoprire un cadavere»

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Il collaboratore di giustizia ed ex membro dei Piscopisani Raffaele Moscato racconta i particolari della scomparsa di Massimo Stanganello e i progetti di morte contro due componenti della stessa cosca

 

Permettono di riaprire anche le indagini anche su un caso di “lupara bianca”, le nuove rivelazioni di Raffaele Moscato, killer ed elemento di spicco del clan dei Piscopisani passato fra le fila dei collaboratori di giustizia dal 2015. Gli investigatori, dopo aver raccolto le sue dichiarazioni, stanno infatti da tempo lavorando per far luce sulla scomparsa di Massimo Stanganello, un giovane di Vibo Marina sparito nel nulla nell’agosto del 2008. Moscato precisa agli inquirenti che Stanganello era all’epoca da poco uscito dal carcere dopo 13 anni di detenzione ed il suo cadavere si trova sotterrato nelle campagne di Piscopio.

Per impedirne il ritrovamento, i vertici del clan dei Piscopisani – vale a dire Rosario Battaglia e Nazzareno Fiorillo, detto “U Tartaru” – secondo Moscato avrebbero programmato due omicidi, con l’intenzione di sopprimere due componenti della stessa cosca in quanto a conoscenza del luogo dove si trova sepolto Massimo Stanganello e che avrebbero potuto rivelare alle forze dell’ordine in quanto soliti bere ed ubriacarsi. Siamo fra il 2011 ed il 2012 – e quindi dopo l’omicidio del boss di Stefanaconi, Fortunato Patania ad opera dei Piscopisani – ed il racconto che Raffaele Moscato fa agli inquirenti è illuminante: «Recentemente, dopo l’omicidio di Patania Fortunato, i Piscopisani volevano uccidere in una trappola sia Angelo David, detto Giotto, sia Stefano Farfaglia, in quanto avevano preso l’abitudine di bere molto – riferisce Moscato – e poiché sono a conoscenza del luogo in cui è sotterrato Massimo Stanganello, potevano collaborare e riferirlo».

 

Ecco così l’invito rivolto da Rosario Battaglia a Raffaele Moscato di spostare il cadavere. «Battaglia Rosario una volta mi propose per questa ragione – ricorda ancora il collaboratore di giustizia – di andare a spostare il corpo di Stanganello dal luogo dove si trova, ma io gli dissi di no perché con quel fatto io non c’entravo nulla e principalmente perché la cosa mi faceva schifo. Del progetto di omicidio di Angelo David e Stefano Farfaglia ne hanno discusso in quello che è uno dei quartier generali dei Piscopisani, ovvero la campagna di proprietà di Nazzareno Fiorillo a Piscopio, quella che noi chiamavamo La Loggia, dove tenevamo armi, con l’abitazione – spiega Moscato – che era stata ristrutturata da Battaglia Rosario anche se era di proprietà di Nazzareno Fiorillo. Io non so dire – conclude Moscato dove si trova esattamente il corpo di Stanganello perché non l’ho mai chiesto, né mi è stato riferito e mi sono rifiutato di spostarlo».

 

Sui motivi che hanno spinto il clan dei Piscopisani ad eliminare Massimo Stanganello, le dichiarazioni di Moscato sono ancora coperte da segreto investigativo. Stefano Farfaglia, 36 anni, di San Gregorio d’Ippona, si trova invece attualmente detenuto nell’ambito dell’operazione “Rimpiazzo” (scattata ad aprile) con l’accusa di associazione mafiosa in quanto in possesso del grado di “picciotto” ed in procinto, secondo le accuse, di ricevere la dote di “sgarrista”. Anche Angelo David, 36 anni di Piscopio, si trova detenuto nell’ambito dell’operazione “Rimpiazzo” con l’accusa di associazione mafiosa e detenzione ai fini di spaccio di 500 grammi di cocaina.

 

Fonte: https://lacnews24.it/cronaca/ndrangheta-omicidio-piscopisani-vibo-moscato-stanganello-farfaglia_100187/