“Santisti & ‘ndrine – narcos, massoni deviati e killer a contratto” è il titolo del libro di Arcangelo Badolati, giornalista, edito dalla Pellegrini di Cosenza (350 pagine). Il volume, dedicato ai cronisti Luigi Malafarina e Giuseppe Parrello, Maestri del secolo scorso. racconta gli affari segreti, i patti inconfessabili ed i grandi investimenti dei boss della mafia calabrese in Europa, Nordamerica e Australia. Badolati, che coordina l’Osservatorio nazionale sui fenomeni mafiosi “Falcone- Borsellino”, svela le infiltrazioni compiute dai padrini della ‘ndrangheta nelle logge massoniche deviate, i rapporti stabiliti negli ultimi quarant’anni con i centri occulti di potere e ricostruisce anche tutti gli interessi coltivati nel Mediterraneo e nel Corno d’Africa dalle consorterie mafiose nel settore dello stoccaggio illegale di scorie radioattive e rifiuti tossici. Il libro rivela i retroscena della morte del generale Enrico Mino, comandante dell’Arma, deceduto in circostanze sospette in Calabria nel 1977 e delle uccisioni avvenute in Somalia di medici, militari, sacerdoti, giornalisti e volontari che s’erano interessati del traffico di rifiuti. L’autore ricostruisce, inoltre, tutta l’inesplorata storia della ‘ndrangheta stragista responsabile prima dell’attentato compiuto contro il treno “Freccia del Sole” a Gioia Tauro e, poi, degli attentati compiuti tra il 1993 e il 1994 contro i carabinieri a Reggio e Scilla. Emergono nel libro tutti i rapporti con i corleonesi di Totò Riina, con i fratelli Graviano e viene evidenziato il contenuto di una riunione riservata tenuta a Nicotera nel 1992 prima delle stragi consumate da Cosa Nostra a Milano, Firenze e Roma.
Lo scrittore, dedica poi dei capitoli specifici ai “don” calabresi più celebri: da Santo Scidone di Palmi a Mico Tripodo di Sambatello passando per Antonio Macrì di Siderno e Girolamo Piromalli di Gioia Tauro. Interessante e piena di spunti e rivelazioni sensazionali la parte del volume dedicata ai “don” calabresi affermatisi Oltreoceano: Frank Yale, Frank Costello, Albert Anastasia, Peter Callipari, Joe Musolino, Rocco Perri, Jim Colosimi, Vic Cotroni, Paul Violi, Domenico Italiano.
Ai narcos calabresi è dedicata una parte del testo nella quale vengono ricostruite le storie di Roberto Pannunzi, Nicola Assisi, Pasquale Marando e Domenico Trimboli e i rapporti avuti dagli ‘ndranghetisti con Pablo Escobar Gaviria, Joaquin el Chapo Guzman e Salvatore Mancuso. Approfondimenti analitici vengono compiuti dall’autore sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Germania e, soprattutto, in Slovacchia con una straordinaria ricostruzione dei retroscena dell’omicidio del giornalista di Bratislava Jan Kuciak assassinato insieme con la fidanzata mentre lavorava ad una inchiesta sui rapporti tra il partito dell’ex premier Robert Fico ed i calabresi.
Badolati racconta inoltre delle azioni dei più celebri sicari a “contratto” dal calabro-napoletano Frank “the dasher” Abbandando di New York fino ad arrivare a Marco Gallo, ritenuto responsabile dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso a Lamezia Terme. Per la prima volta i killer mafiosi vengono svelati attraverso le loro confessioni: compiendo un viaggio nella banalità del male, lo scrittore pubblica infatti quanto rivelato in ordine ai delitti commessi da Annunziato Raso, Antonio Zagari, Saverio Morabito, Umile Arturi, Franco Bevilacqua fino ad arrivare ad un feroce sicario, Aldo Acri, che chiusa la parentesi criminale ha abbracciato la fede cattolica fino a desiderare di diventare diacono. Leggendo questa parte del volume si ha contezza di come ragionino gli “azionisti” della mafia calabrese e di cosa provino al momento della esecuzione degli omicidi. Il testo ripercorre anche la stagione delle autobomba in Calabria usate contro imprenditori e la crudele soppressione di numerosi ex collaboratori di giustizia: da Salvatore Marasco di Rosarno a Pasquale Gagliostro di Palmi. Alle donne è poi riservata la parte centrale del volume: dalle “ribelli” che hanno lasciato i clan accusando familiari e amici, alle coraggiose testimoni di giustizia come Rosaria Scarpulla, madre di Matteo Vinci ucciso con un’autobomba a Limbadi e Peppina Mercuri, madre di Nino e Peppino Mercuri, ammazzati a San Ferdinando. Poi le donne boss, capaci di gestire intere consorterie in sostituzione di mariti e fratelli finiti dietro le sbarre. Infine la demolizione del mito della ‘ndrangheta: lo scrittore dimostra che la setta cui la mafia calabrese fa da sempre riferimento – la Garduna spagnola – non è in effetti mai esistita. La setta iberica fu inventata da una scrittrice tedesca, Irene de Suberwick, che scrisse un libro nell’Ottocento firmandosi con un nome maschile spagnolo, Victor De Fereal. Il contenuto del volume divenne molto popolare tanto da alimentare il mito della “Garduna” che venne fatto proprio dalle organizzazioni criminali meridionali. Insomma, la ‘ndrangheta che fa della cosiddetta “ominità” uno dei suoi principali cardini, poggia tutta la sua leggendaria nascita sulla incredibile e beffarda creatività di una donna…