Sangue in Canada: calabrese ucciso a Woodbridge di Arcangelo Badolati

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Toronto, Woodbridge, Vaughan, Montreal, Hamilton: nella terra dei grandi laghi la nuova mappa del potere mafioso viene ridisegnata con il piombo. Dall’Ontario al Quebec calabresi e siciliani si affrontano senza esclusione di colpi per raccogliere l’eredità della “Sesta famiglia” rimasta orfana del “godfather” Vito Rizzuto, morto per cause naturali il 21 dicembre del 2013 nell’ospedale “Sacrè Coeur” a Cartierville. Nella guerra di successione, scatenata dalla ’ndrangheta per riprendersi il Canada come ai tempi di Vic Cotroni e Paul Violi, l’ultimo a cadere è stato Cosimo Commisso, 33 anni, di Vaughan, ammazzato da due killer mentre era in compagnia della fidanzata, Chantelle Almeida,  26 anni. Le vittime erano a bordo di un Suv bianco, sulla Castlepoint Drive nella zona residenziale di Woodbridge. Commisso con chiare ascendenze reggine che richiamano alla memoria la più nota famiglia di ’ndrangheta di Siderno, è il quarto calabrese ucciso nella Grande Area di Toronto. E non è certo un caso. Il 31 marzo del 2017 Antonio Sergi, detto “Tony Large”, era stato trucidato nel vialetto di casa nel quartiere residenziale di Etobicoke ed a poche ore di distanza, nella zona industriale di Vaughan, nello spiazzo antistante un circolo sociale, era caduto per mano omicida pure il cinquantacinquenne Domenic Triumbari, legato ai sidernesi. Prima di loro era stato ammazzato, il 24 aprile del 2014, nel parcheggio di una caffetteria di Toronto, Carmine Verduci, boss di origini calabresi. La vittima non era uno sprovveduto: gli investigatori italiani cinque anni prima l’avevano intercettato a Siderno, mentre dialogava con Giuseppe Commiso, detto “U mastru”, capo dell’omonima cosca.  Il “canadese” era andato a lamentarsi perchè le ‘ndrine calabresi non l’avevano chiamato per partecipare all’assemblea criminale indetta per assegnare le “cariche” ‘ndranghetistiche provinciali. Verduci si duoleva inoltre dell’elezione di Domenico Oppedisano, anziano “uomo di rispetto” di Rosarno, al ruolo di “capo crimine”. «Non è giusto che se lo sono presi là… spetta a uno della Ionica… e a me mi hanno dovuto mandare un’ambasciata». Il boss d’Oltreoceano parlava liberamente ignaro d’essere intercettato.