Caporalato e ‘ndrine tra Rosarno e Sibari di Luigi Cristaldi

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Rosarno

L’agricoltura, vero oro di Calabria, finisce sempre più spesso in vischiose vicende giudiziarie. Le ultime inchieste della Procura di Castrovillari hanno riacceso le luci sulle truffe in agricoltura e sul caporalato.  Una situazione che si ripresenta ogni anno con la raccolta degli agrumi ma che è un fenomeno, ormai, destagionalizzato. Falsa manodopera e immigrati sfruttati sono solo due facce dello stesso problema. Due dei modi, illegali, attraverso i quali la ‘ndrangheta rimpingua le sue casse. E dalle parole del Procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla, emerge chiaramente. Il modus operandi è sempre lo stesso: le ditte vengono aperte attraverso una serie di dichiarazioni di comodo (false) per poi poter richiedere agevolazioni e finanziamenti all’Inps. «Sembrerebbe – racconta Facciolla – che ci sia una regia unica dietro le ditte. Qualcuno al quale, chi mette in pratica le frodi, si rivolge. Teste-ponte deputate a produrre questo tipo di contatti e situazioni, anche fuori regione. Pure i nomi dei denunciati sono sempre gli stessi». Dalle truffe al caporalato il passo è breve. Gli immigrati servono alla raccolta di agrumi, pesche, mele, pere, fragole e kiwi. Il fenomeno, in Calabria, investe principalmente Gioia Tauro e la Sibaritide, centri principali per la racconta dove il filo nero del lavoro sommerso lega gli invisibili delle due Piane. La Sibaritide non risente ancora eccessivamente della svalutazione del prodotto e sono poche le coltivazioni alternative tentate dai produttori. Riso, kiwi e fichi su tutte. Anche l’immigrazione parrebbe sotto controllo. Ma a Rosarno la situazione è ben diversa. La rivolta dei braccianti africani è datata 2010. La Protezione civile regionale ha completato la tendopoli di San Ferdinando pochi mesi fa. La struttura ospita circa 500 persone. Ma i numeri nella Piana di Gioia Tauro sarebbero ben altri. Si parla di circa cinquemila migranti: la maggior parte centroafricani e poi jugoslavi, bulgari, marocchini, algerini, congolesi e qualche polacco. Bulgari e rumeni svolgerebbero il ruolo di caporali arrivando a chiedere cinque euro al giorno per procurare loro il lavoro. Mentre la cifra pagata per la giornata sarebbe di 30-35 euro. Una situazione difficile amplificata dal crollo dei prezzi sul mercato che, a sua volta, produrrebbe meno richiesta di manodopera. Un chilo di agrumi ai produttori frutterebbe soltanto 15-20 centesimi. Alcuni produttori avrebbero perciò deciso di eradicare gli agrumi convertendo le coltivazioni a una qualità di kiwi dal colorito giallo-oro, un tipo arancio tardivo con una calibratura più grande e il melograno. Una situazione in continua evoluzione dalla quale, però, i produttori sibariti potrebbero imparare tanto.

Approfondimento

Centro storico di Cassano All’Ionio

L’ultima operazione, in ordine di tempo, ordinata dalla Procura di Castrovillari contro il caporalato e le truffe in agricoltura risale allo scorso novembre 2017. La Guardia di Finanza di Montegiordano aveva scoperto altri centosessanta braccianti agricoli fantasma per un totale di oltre sedicimila false giornate lavorative e centodiecimila euro di truffa all’Inps. È la terza operazione nel giro di pochi mesi. Da luglio, infatti, sono stati scoperti, solo nella Sibaritide, circa mille falsi braccianti per un totale di quasi centomila giornate lavorative mai realmente effettuate.